Sommario
Il tema delle mariofanie, marginale nel vissuto del mondo protestante, va visto tenendo conto dei grandi documenti ecumenici sulla Madre di Gesù. Si analizzano alcuni brani del documento elaborato dal Gruppo di Dombes nel 1999, che considera le apparizioni mariane come rivelazioni private, alle quali spetta il compito di servire la fede, non di fondarla, evitando forme di curiosità malsana. Nel dialogo tra chiesa cattolica e chiesa luterana degli USA si richiamano i medesimi criteri di interpretazione per salvaguardare la centralità salvifica di Cristo e il messaggio di conversione al vangelo contenuto in molte di tali apparizioni. Anche nel dialogo con gli anglicani si sottolinea il ruolo della devozione popolare e dei luoghi mariani dove si fa esperienza della compassione e dell’amore di Dio per le sorti dell’umanità più povera e bisognosa.
1. Di che si tratta?
Dire mariologia ecumenica è porre in primo luogo una questione di metodo: dove collocare la figura di Maria, da dove partire per un discorso su di lei? La risposta è contenuta nei titoli stessi dei grandi documenti ecumenici sulla madre di Gesù: Maria, grazia e speranza in Cristo[1]; L’unico mediatore, i santi e Maria[2] e Maria nel disegno di Dio e nella comunione dei santi[3], titolano rispettivamente i documenti del dialogo tra chiesa cattolica romana e comunione anglicana, tra chiesa cattolica romana e chiesa luterana degli USA e del Gruppo di Dombes[4].
Annotazione di primaria importanza, Maria e la mariologia non sono un’isola, un trattato a sé, ma frammenti da leggersi all’interno del piano di Dio, del mistero del Cristo e della chiesa comunione dei santi. In particolare a partire dall’automanifestarsi e dall’autocomunicarsi di Dio, pienamente in Cristo, come «tu» di grazia capace di dar forma a creature nuove aperte alla speranza dell’eterno, a una umanità graziata e graziosa contraddistinta dalla nota della santità e dall’attesa di cieli e terra nuovi, umanità di cui Maria è typus et exemplar, chiave di lettura della grazia, della speranza e della risposta della fede.
Questo è un punto di partenza condiviso, alla cui luce rivisitare i nodi da sciogliere sia a livello dottrinale, ad esempio l’Immacolata e l’Assunta, sia sul piano cultuale, ad esempio, l’invocazione di Maria in prima persona. Si tratta di una rivisitazione di non poco conto[5] al fine di pervenire a un’unità plurale, a un consenso sull’essenziale mariologico nella legittima diversità di rivestimenti dottrinali, cultuali e culturali, recuperando in tal modo al discorso dell’unità la figura altrettanto decisiva della differenza.
In questo contesto il tema delle apparizioni mariane o mariofanie è assolutamente marginale, esso tra l’altro non rientra minimamente nell’orizzonte della versione protestante del cristianesimo, del suo vissuto, del suo celebrato e del suo pensato. È onesto puntualizzarlo come lo è il sottolineare la più assoluta legittimità di questa posizione. Protestantesimo, dunque, estraneo a una questione che non lo riguarda e che tuttavia ha finito per divenire un interrogativo posto al cattolicesimo: di che si tratta? È il cattolicesimo in dialogo con la riforma e con l’anglicanesimo a essere chiamato in causa.
Non rientra nell’ambito di questa nota il soffermarsi sullo schema delle apparizioni: umanità alla deriva – castigo da parte di Dio – segni prodigiosi per avallare il messaggio – richiamo alla penitenza… aspetti che necessitano di essere singolarmente soggetti a un rigoroso vaglio biblico. E neppure rientra nell’ambito di queste pagine il soffermarsi sulla criteriologia escogitata dalla teologia e dal magistero cattolici a giustificazione di un fenomeno che, ove riconosciuto come non in contraddizione con il vangelo, viene definito evento dello Spirito finalizzato al come vivere in determinate e puntuali situazioni storiche. Puntualizzando immediatamente che l’adesione a tali mariofanie, si tratti di La Salette, di Lourdes, di Fatima…, è lasciata alla discrezionalità e alla libertà del soggetto. Nessuno è obbligato a credervi, non è la rivelazione pubblica registrata nello «sta scritto» neotestamentario. E invitando chi ne è colpito al discernimento spirituale critico, al di là degli scetticismi chiusi agli interventi di Dio nella storia e degli entusiasmi acritici fino al fanatismo. Aspetti chiaramente posti in luce dal primo dei documenti che proponiamo, quello del Gruppo di Dombes.
2. Alcuni testi
2.1. Gruppo di Dombes
Iniziamo con il proporre il paragrafo: Le apparizioni (nn. 308-312) del citato autorevole documento del Gruppo di Dombes[6]:
308. Che dire delle apparizioni di Maria, come quelle di Lourdes e di Fatima? È rilevante il fatto che Paolo VI non vi faccia cenno. Alcuni psicologi le definiscono esperienze individuali non patologiche che lo sguardo della fede interpreta come quelle di una presenza. La chiesa le considera «rivelazioni private»[7] che non possono essere paragonate alla rivelazione consegnata nella Scrittura. Non appartengono alla fede, cioè ogni cattolico mantiene verso di esse la propria libertà di valutazione.
309. L’atteggiamento ufficiale della chiesa cattolica a loro riguardo è sempre stato di estrema prudenza. San Giovanni della Croce chiede di «resistere» alle rivelazioni particolari come a pericolose tentazioni[8]. Papa Benedetto XIV, nel XVIII secolo, stabilisce una linea di condotta dalla quale i suoi successori non devieranno: «L’approvazione data dalla chiesa a un rivelazione privata non è altro che il permesso accordato, dopo un attento esame, di fare conoscere questa rivelazione per l’insegnamento e il bene dei fedeli. A simili rivelazioni, anche se approvate dalla Chiesa, […] si può non accordare il proprio assenso […] ammesso che lo si faccia per buone ragioni e senza intenzione di disprezzo»[9].
310. Il magistero ecclesiale approva un culto sul luogo delle apparizioni solo per un minoranza tra esse e dopo aver preso tutto il tempo necessario alla decantazione del fenomeno. Le discerne secondo due criteri principali: la conformità del messaggio ascoltato a quello della Scrittura e alla fede della chiesa; i frutti spirituali di conversione che si manifestano in occasione dei pellegrinaggi.
311. Le apparizioni non hanno come ruolo quello di fondare la fede, ma di servirla. Non aggiungono nulla all’unica rivelazione, ma possono esserne un umile richiamo. Costituiscono segni sensibili nei quali Dio si dà secondo le capacità di colui che le riceve. Si è potuto avvicinare il loro ruolo a quello dell’icona che, secondo la teologia orientale, è «una vera oggettivazione, ispirata dallo Spirito santo […] generatrice e portatrice di presenza»[10]. Esse appartengono all’ordine del carisma, cioè un dono di Dio a un membro del corpo per il bene di tutto il corpo; come tutti i carismi di carattere eccezionale, non devono essere ricercate, bensì accolte nell’azione di grazie, con discernimento e prudenza.
312. Sovente è tuttavia il culto spontaneo dei fedeli che va al di là di questa prudenza ed esprime riguardo ai luoghi delle apparizioni e delle manifestazioni straordinarie che vi si producono, una curiosità talvolta malsana, come se la loro fede avesse bisogno di una conferma necessaria. Deve essere intrapresa una pedagogia pastorale, come già accade in certi luoghi di apparizioni più antiche, per orientare i pellegrini verso una conversione autentica che li faccia progredire dalla credenza alla fede nel messaggio di Cristo.
Il testo non necessita di ulteriori spiegazioni, si limita, da parte cattolica, ad alcune asserzioni di tipo generale, espressioni di un puntuale assentire. In rapporto alla rivelazione pubblica, «la chiesa cattolica le considera rivelazioni private non paragonabili alla rivelazione consegnata nella Scrittura». Sarebbe opportuna, detto per inciso, una nuova terminologia che lasci da parte il vocabolo «rivelazione» e lo sostituisca, ad esempio, con «ispirazione» e «illuminazione». In rapporto al credere, le rivelazioni private «non appartengono alla fede, cioè ogni cattolico mantiene verso di esse la propria libertà di valutazione […] A simili rivelazioni, anche se approvate dalla chiesa […] si può non accordare il proprio consenso […] senza intenzione di disprezzo». Aspetto da sottolineare con forza a scanso di equivoci. Non solo non appartengono alla fede ma «non hanno come ruolo quello di fondare la fede, bensì di servirla. Non aggiungono nulla all’unica rivelazione, ma possono esserne un umile richiamo», in linea con il genere dell’icona e con il carisma profetico, allo scopo di indicare una presenza e un messaggio da vivere in un puntuale momento storico. Senza mai dimenticare che non è il miracolo a generare la fede ma il contrario, e senza mai dimenticare, come suggeriscono i mistici, nel caso Giovanni della Croce, l’urgenza «di resistere alle rivelazioni particolari come a pericolose tentazioni». In rapporto poi al magistero della chiesa cattolica, esso «è sempre stato di estrema prudenza» esortando alla «decantazione» e stabilendo una rigorosa criteriologia di discernimento: «La conformità del messaggio ascoltato a quello della Scrittura e alla fede della chiesa; i frutti spirituali di conversione che si manifestano in occasione dei pellegrinaggi». Criteri accompagnati da una «pedagogia pastorale» che orienti «verso una conversione autentica che faccia progredire dalla credenza alla fede nel messaggio di Cristo».
Si tratta di riscoprire e di ridonare eloquenza trasformatrice al grande giorno dell’apparizione post-pasquale, il giorno in cui il Risorto convoca gli «stranieri e pellegrini» attorno alla lectio, alla fractio e all’icona che rende vicina Maria nella comunione dei santi. La parte cattolica del Gruppo di Dombes rende ragione in questi termini alla parte protestante la quale, da parte sua, verosimilmente, si riconosce né ostacolata né edificata, semplicemente prende atto «che un fratello in Gesù Cristo può avere una pietà mariana, senza che ciò sia una rottura nella comunione di fede»[11]. Il che accade quando Maria non «fa da schermo tra il credente e Gesù Cristo»[12], quando il primato del vangelo non è compromesso, quando il centro non è confuso con la periferia in obbedienza al principio della «gerarchia delle verità»[13]. L’importante è il riconcentrarsi sull’essenziale mariologico e qui la vigilanza protestante è provocata a un nuovo sguardo.
A forza di reagire contro il posto troppo grande dato a Maria nella pietà cattolica, i protestanti si sono ridotti a un silenzio che non solo non rispetta la fede cattolica romana, ma che arriva a provocare una forma di auto-censura che non rende giustizia né alla posizione dei riformatori né al posto di Maria nella storia della salvezza[14].
2.2. Dialogo cattolico-luterano
A un documento non ufficiale come quello di Dombes facciamo seguire un documento ufficiale anche se di tipo locale, particolare frutto del dialogo tra chiesa cattolica romana e chiesa luterana degli Stati Uniti d’America: L’unico Mediatore, i santi e Maria. Dichiarazione comune e riflessioni[15]. È ancora una volta la parte cattolica a dover rendere ragione del fenomeno apparizioni.
10. Un fenomeno della religiosità popolare merita di essere ricordato in modo speciale in queste riflessioni: le apparizioni di Maria o, più raramente, di altri santi. Sono fenomeni sconcertanti e difficili da spiegare in un dialogo ecumenico; il loro status non è chiaro nemmeno a molti cattolici.
11. La prima chiave per la loro interpretazione è la distinzione teologica fra rivelazione pubblica e rivelazione privata. Si considera rivelazione pubblica ciò che è stato diffuso nella persona di Gesù Cristo e per mezzo suo e delle prime generazioni di discepoli che redassero le Scritture cristiane. Questo è il concetto che sta alla base dell’assioma che la rivelazione è terminata con la morte dell’ultimo apostolo. Dopo quella morte, la chiesa trasmette in una tradizione vivente tutto ciò che essa ha ricevuto, interpretandolo in modo nuovo in ogni epoca ma senza nulla aggiungere al messaggio essenziale. Invece la rivelazione privata consiste nella capacità di penetrazione concessa al singolo nel corso del tempo. La rivelazione privata riconosciuta dalla chiesa può essere considerata un dono fatto alla chiesa, ma non esige fede o adesione come la rivelazione pubblica.
12. Vari sono i mezzi usati per investigare sull’asserzione di un singolo di aver ricevuto una comunicazione personale dal cielo, tutti hanno la comune caratteristica di essere sotto la giurisdizione del vescovo. Una piccolissima percentuale di apparizioni o di altre comunicazioni simili è stata riconosciuta ufficialmente dalla chiesa. Quando esse ricevono l’approvazione, questo significa semplicemente che il messaggio e le pratiche associate all’avvenimento sono in accordo con il vangelo. Ci si può fidare del messaggio, e la partecipazione a quelle pratiche non fuorvierà chi le segue. La preghiera, la penitenza, il servizio degli altri: questi sono valori evangelici e caratterizzano il messaggio delle apparizioni ufficialmente approvate. Ma l’approvazione della chiesa non obbliga alcuno dei suoi membri a divenire un devoto dell’apparizione e nemmeno a interessarsene, perché tutto ciò appartiene alla sfera della rivelazione privata e non è impegnativo per tutta la chiesa.
13. Inuna lettera pastorale su Maria i vescovi cattolici degli Stati Uniti esprimono il parere che apparizioni riconosciute come quelle di Lourdes o di Fatima sono «avvenimenti provvidenziali che servono per ricordarci i temi cristiani fondamentali: preghiera, penitenza e la necessità dei sacramenti». Nel contesto di questa affermazione quegli avvenimenti sono poi collocati nella giusta prospettiva: «Nemmeno quando una rivelazione privata si è diffusa in tutto il mondo, come nel caso di Nostra Signora di Lourdes, ed è stata inserita nel calendario liturgico, la chiesa rende obbligatoria l’accettazione della storia della sua origine o le particolari forme di devozione che ne derivano. Con il concilio Vaticano ricordiamo a chi venera sinceramente Nostra Signora il pericolo di un sentimento superficiale e di una vana credulità. La nostra fede non è alla ricerca di nuovi vangeli, ma ci conduce alla conoscenza dell’eccellenza della Madre di Dio e ci muove all’amore filiale verso la nostra Madre e all’imitazione delle sue virtù»[16] . Ciò che importa è il vangelo di Gesù Cristo, non una nuova invenzione. Nel caso di Maria un onore genuino è espresso con l’amore che si mostra nel seguire il suo esempio. Questi avvertimenti sono necessari alla luce della tendenza alla sostituzione.
14. Non c’è un insegnamento decisivo della chiesa su ciò che avviene realmente durante le apparizioni, e i teologi interpretano tale fenomeno in diversi modi. Un tale avvenimento è una manifestazione dell’elemento carismatico presente nella chiesa, un momento liberamente concesso in cui lo Spirito di Dio ispira la memoria e l’immaginazione di una persona a ricevere un messaggio da Dio (Rahner). Oppure può essere interpretato come un’ermeneutica della vicinanza di Dio a chi si sente escluso dai normali canali ufficiali di accesso alla potenza divina, come i poveri, i giovani, i non ordinati, gli ignoranti o le contadine (Schillebeeckx). In circostanze particolari, tale avvenimento può essere interpretato come un segno della compassionevole solidarietà di Dio con i vinti, che scatena una nuova forza di speranza e di dignità umana (Elizondo su Guadalupe)[17].
L’interlocutore cattolico riconosce che siamo dinanzi a un fenomeno di difficile spiegazione all’interlocutore luterano, lo è per il cattolicesimo stesso alla costante ricerca di plausibili chiavi di lettura. Il documento USA offre criteri interpretativi propri al panorama cattolico: la distinzione tra rivelazione pubblica e privata, la conformità al vangelo, i frutti di conversione e la non obbligatorietà. Sottolinea che la vera devozione mariana, aspetto caro al luteranesimo, sta nel seguire l’esempio di Maria, nel coglierla come chiave di lettura della grazia, della fede e della missione.
La nota dell’esemplarità di Maria unisce su Maria cristiani di diversa confessione. E amplifica la rosa delle interpretazioni teologiche del fenomeno apparizioni:
– un evento carismatico ricco di ispirazione, di immaginazione e di incisività nel presente (Karl Rahner);
– «un’ermeneutica della vicinanza di Dio a chi si sente escluso dai normali canali di accesso alla potenza divina come i poveri, i giovani, i non ordinati, gli ignoranti o le contadine» (Edward Schillebeekx);
– «un segno della compassionevole solidarietà di Dio con i vinti, che scatena una nuova forza di speranza e di dignità umana»(Virgilio Elizondo).
A nessuno è chiesto il suicidio dell’intelligenza, ma l’umiltà sì, quella che sa di non sapere e di non voler sfornare risposte sempre pronte all’uso. Nell’avvertita consapevolezza che se di mariofanie si deve parlare lo è solo nel senso di un dirsi della compassione del Padre ai piccoli, che in Cristo fa grazia e nello Spirito apre alla comunione e al che fare nel qui e ora delle vicende umane. Il criterio teologico trinitario e i canoni biblico, liturgico, antropologico ed ecumenico garantiscono o meno della serietà del fenomeno. L’ala luterana, da parte sua, pur distante da questo orizzonte singolare tipico della religiosità popolare cattolica, pone solo due condizioni al fine di non farne un elemento di divisione: il primato del vangelo della grazia e la centralità del Cristo unico mediatore di salvezza, alla cui luce leggere i santi e Maria comprese, per chi non ne è indifferente, le stesse apparizioni mariane. Sempre salvo il principio: Unitas in necessariis, in dubiis libertas, in omnibus caritas.
2.3. Dialogo cattolico-anglicano
Leggiamo dal documento della Commissione internazionale anglicana-cattolico romana il brano che più interessa il nostro tema:
Molti cristiani ritengono che il loro culto a Dio venga arricchito se esprimono in forma devozionale il loro apprezzamento per questo ministero di Maria. L’autentica devozione popolare nei confronti di Maria, che per sua natura esibisce un’ampia varietà individuale, regionale e culturale, è da rispettare. Le folle che si radunano in determinati luoghi in cui si crede che sia apparsa Maria ci dicono che tali apparizioni costituiscono una parte importante di questa devozione, e sono fonte di conforto spirituale. C’è bisogno di un attento discernimento nel soppesare il valore spirituale di ciascuna presunta apparizione. È quanto viene sottolineato da un recente intervento cattolico.
«La rivelazione privata […] può essere un valido aiuto per comprendere e vivere meglio il vangelo nell’ora attuale; perciò non la si deve trascurare. È un aiuto, che è offerto, ma del quale non è obbligatorio fare uso. Il criterio per la verità e il valore di un rivelazione privata è pertanto il suo orientamento a Cristo stesso. Quando essa ci allontana da lui, quando essa si rende autonoma o addirittura si fa passare come un altro e migliore disegno di salvezza, più importante del vangelo, allora essa non viene certamente dallo Spirito santo» (Congregazione per la dottrina della fede, Commento teologico al messaggio di Fatima [26.6.2000]…).
Siamo d’accordo che, entro i limiti definiti in questo insegnamento al fine di garantire che l’onore reso a Cristo conservi la sua preminenza, una devozione privata di questo tipo sia accettabile, sebbene non possa mai essere pretesa dai credenti[18].
Il tema viene ripreso nella Conclusione:
Siamo d’accordo che non si possono dire rivelate da Dio quelle dottrine e quelle devozioni che sono contrarie alla Scrittura. Siamo d’accordo che quelle dottrine e quelle devozioni che sono incentrate su Maria, comprese le pretese «rivelazioni private», devono essere moderate attraverso norme che assicurino il posto centrale e unico di Gesù Cristo nella vita della chiesa, e che nella chiesa solo Cristo, insieme con il Padre e con lo Spirito santo, va adorato[19].
Nulla di veramente nuovo. Ciò che merita di essere sottolineato è il contesto in cui avvengono tali manifestazioni. Più in generale nella sezione: Maria nella vita della Chiesa[20], più in particolare nel paragrafo Il ministero proprio di Maria[21]. Tale contestualizzazione favorisce una peculiare lettura del fenomeno mariofanie:
Anglicani e cattolici riconoscono a Maria un «ministero permanente» definito «ruolo materno» dato a lei dal Figlio in croce (Gv 19,27) e che la costituisce «madre di tutti i fedeli», «madre della nuova umanità» ripensando a Eva «la madre di tutti i viventi» (Gen 3,20). La dichiarazione, coniugando la prospettiva anglicana, maggiormente legata all’approccio a Maria in termini di «ispirazione e modello della sequela», e quella cattolica, attenta alla «funzione materna» di Maria, legge il suo ministero materno nella linea dell’orientamento-esortazione, dell’esemplarità iconica e dell’intercessione.
Ruolo materno, dunque, innanzitutto in chiave di orientamento cristologico, nel senso che, all’interno della comunione dei santi, la «comunione della grazia e della speranza» nella quale Maria «occupa il posto di Theotokos», essa «orienta tutti a Cristo» e alla sua parola (Gv 12,1.12).
Ministero materno, in secondo luogo, nella prospettiva dell’iconicità. La sezione lo ripete a più riprese. Maria nella chiesa e alla chiesa, nell’umanità e all’umanità è al contempo «figura tipica». Essa è «il prototipo della speranza della grazia per tutta l’umanità», essa è il «tipo della chiesa», è l’«icona della chiesa». «Graziata» e «redenta», «Maria è già una nuova creazione» e diventa «esempio dell’umanità redenta»; assunta nel mondo del Figlio e di Dio, essa diventa «segno di speranza per tutta l’umanità»; povera, partecipe del bisogno e del dolore altrui e obbediente, diventa immagine dell’«opzione fondamentale del povero» da parte di Dio, «figura della tenerezza e della compassione», «ispirazione e modello della sequela» e «modello per ciascun discepolo della vita della Chiesa». Maria collocata dalla dichiarazione nell’orizzonte della grazia e della speranza è davvero «incarnazione del destino della chiesa», «l’esempio umano più pieno della vita della grazia». In lei la creazione si coglie come creazione che vive nel frattempo, alla luce della parola di luce di Dio, in cammino verso il mondo di Dio.
In terzo luogo, il ruolo materno di Maria si esplicita in termini di intercessione. La Commissione si trova concorde nel fatto che Maria prega per noi e che noi preghiamo con Maria in compagnia dei santi del cielo e della terra, mentre il pregare direttamente Maria e i santi fa parte delle legittime differenze non divisive della comunione[22].
Così come, per chi lo ritiene, fanno parte del suo intercedere le mariofanie: sono la tenera compassione del Padre, la pace del Figlio e la consolazione dello Spirito a farsi mano aperta alla mano, perché no, di Maria. E in Maria ciascuno e ciascuna chiesa leggano se stessi come luoghi che orientano a Cristo, che traducono la compassione del Padre e che esprimono il discernimento secondo lo Spirito. Icone di una comunità bella, regni di speranza.
3. Di che si tratta? Divenire apparizione
Si tratta, a proposito delle mariofanie, di un fenomeno che se bene affrontato non costituisce ostacolo nel cattolicesimo stesso, le differenze si danno all’interno della medesima confessione e tra cattolicesimo, protestantesimo e propriamente anglicanesimo.
Mi sono limitato a riferire una serie di testi indicativi di un fenomeno secondario e marginale che può divenire esso stesso racconto dell’essenziale: l’amore del Padre, la grazia del Figlio e la potenza trasformatrice dello Spirito che ove, come in Maria, non siano disattesi, generano uomini e donne nuovi, i luoghi dell’apparizione della compassione di Dio per il povero mondo. Ecumenicamente si tratta di leggere le apparizioni come provocazione a divenire apparizione, teo-cristofanie nello Spirito a gioia dell’uomo.
Giancarlo Bruni
docente emerito presso la Pontificia facoltà teologica «Marianum» di Roma
– monaco della comunità ecumenica di Bose
Articolo tratto dalla Rivista “Credere oggi” 198 6/13
[1] Si tratta della «dichiarazione congiunta» di Seattle della seconda Commissione internazionale anglicana-cattolica romana (ARCIC II). Nota anche come «dichiarazione di Seattle». Per il testo del documento cf. Maria: grazia e speranza in Cristo (2 febbraio 2004), in Enchiridion Oecumenicum (EO), vol. 7, EDB, Bologna 2006, nn. 176-319.
[2] Si tratta della «dichiarazione comune e riflessioni» di Minneapolis della Commissione cattolica-luterana negli USA. Per il testo del documento cf. L’unico Mediatore, i santi e Maria (Minneapolis 1990), in EO 4,3083-3360.
[3] Si tratta del documento dei teologi di Dombes (gennaio 1997 – gennaio 1998). Per il testo cf. Maria nel disegno di Dio e nella comunione dei santi. Nella storia e nella Scrittura. Controversia e conversione, in EO 8,1340-1707.
[4] Il gruppo di Dombes (Lione, Ain, F), pioniere del dialogo ecumenico, si è costituito nel 1936 (26 anni dopo la nascita del movimento ecumenico [1910], 12 anni prima del Consiglio mondiale delle chiese [1948] e 26 anni prima dell’inizio del concilio ecumenico Vaticano II [1962]) come incontro annuale tra cattolici e protestanti, rinnovato nel 1942 con una più qualificata presenza di teologi da ambo le parti. Dal 1947 si pubblicano i documenti degli incontri ad uso privato. Attualmente è composto da circa una quarantina di persone (ndr).
[5] A questo proposito, per una visione globale del problema, rimando a G. Bruni, Mariologia ecumenica. Approcci, documenti, prospettive, EDB, Bologna 2009.
[6] Lo citiamo nella versione delle Edizioni Qiqajon: Gruppo di Dombes, Maria nel disegno di Dio e nella comunione dei santi, Qiqajon, Bose 1998, 154-156 (nn. 308-312), anche in EO 8,1672-1676. Le note che seguono da7 a 10 sono proprie del documento citato.
[7] Cf. Concilio Vaticano II, Costituzione dogmatica Dei Verbum sulla rivelazione, n. 4: EV 1/876.
[8] Giovanni della Croce: «Però, nel darci, come ha fatto, il suo Figlio, che è l’unica sua Parola (perché altra non ne ha), ci ha detto tutto, insieme e in una volta, in questa sua Parola, e non ha più che dire […] Ciò che egli prima rivelava in parte ai profeti, lo ha rivelato interamente, dandoci il tutto, cioè suo Figlio. Pertanto, chi ora volesse interrogare Dio o desiderasse qualche visione o rivelazione, non solo commetterebbe una follia, ma farebbe torto a Dio, perché non guarderebbe unicamente a Cristo, senza cercare altre cose o qualche novità» (Salita del Monte Carmelo, 2,20, in S. Giovanni della Croce, Opere, [Edizioni Libreria Fiorentina], Firenze 1949).
[9] Benedetto XIV, De servorum Dei beatificatione II,32,11.
[10] B. Bobrinskoy, Les apparitions de la Mère de Dieu dans l’orthodoxie, in B. Billet (ed.), Vraies et fausses apparitions dans l’Église, Lethielleux – Bellarmin, Paris – Montréal 1976, 109.
[11] Gruppo di Dombes, Maria nel disegno, n. 315 (EO 8, 1679).
[12] Ivi.
[13] Ibid., n. 320 (EO 8, 1684).
[14] Ibid., n. 317 (EO 8, 1681).
[15] Cf. sopra alla nota 2; qui riportiamo dalla sezione Riflessioni cattoliche i nn. 10-14 (EO 4,3326-3330). Le prossime note 16 e 17 sono proprie del documento citato.
[16] Cf. USA Catholic Bishops Conference, Lettera pastorale Behold Your Mother: Woman of Faith, 100, in «Catholic Mind» 72(1974) 26-64.
[17] Cf. K. Rahner, Visions and Prophecies, [Herder and Herder], New York 1963; E. Schillebeeckx, Mary, Mother of the Redemption, [Sheed & Ward], New York 1964, 31-175; V. Elizondo, Our Lady of Guadalupe as a Cultural Symbol: The Power of the Powerless, in H. Schmidt – D. Power (edd.), Liturgy and Cultural Religious Traditions, [Seabury Press], New York 1977, 25-33.
[18] Cf. sopra alla nota 1; qui riportiamo dalla sezione Maria nella vita della chiesa il n. 73 (EO 7, 253).
[19] Ibid., n. 79 (EO 7, 259).
[20] Ibid., nn. 64-75 (EO 7, 244-255).
[21] Ibid., nn. 71-75 (EO 7, 251-255).
[22] G. Bruni, Grammatica dell’ecumenismo. Verso una nuova immagine di chiesa e di uomo, Cittadella, Assisi 2005, 262-263.