Le apparizioni mariane sono autentici doni di presenza e di sollecitudine materna da parte della Vergine Maria, per aiutare i credenti a vivere meglio la loro fede nel mondo. Vanno accolte con sapienza e intelligenza, tenendo conto dei criteri che la chiesa ha emanato per discernere la loro autenticità, poiché questi eventi sono un dono per la fede, ma anche una sfida per la ragione. Sono grazie donate gratuitamente dal cielo e perciò s’iscrivono nella teologia dei carismi come rivelazioni private. Non hanno, quindi, un carattere fondativo, ma sono come un comando, un’esortazione, un richiamo a rileggere e a vivere il Vangelo di Gesù, calandolo di volta in volta nella situazione del momento in cui avvengono tali manifestazioni straordinarie del divino.
Di solito quando si parla di apparizioni mariane si sottovaluta il fatto che questi autentici doni divini di presenza, mediazione e sollecitudine materna della Vergine Santa, determinati dalla provvidenza di Dio, hanno una valenza non solo teologica, spirituale ed ecclesiale ma anche sociale, in quanto, nonostante le note riserve ecclesiastiche e non[1], se accolte con intelligenza e con sapienza inducono i credenti a essere evangelicamente «lievito nella massa» per trasformare secondo il cuore di Cristo il mondo, sovente arido e non irrigato dalla pace, dalla generosità, dalla giustizia e dalla fraternità: segni visibili e concreti di una fede matura e adulta forgiata dallo Spirito Santo.
1. Natura delle apparizioni
Sin dai primordi del cristianesimo, qua e là, in Oriente e Occidente, ieri e oggi, si susseguono notizie di apparizioni (mariofanie) o di lacrimazioni della Madre celeste, che la chiesa nel suo ponderato magistero prudentemente e saggiamente vaglia, discerne, autentica e ufficializza come vere o non vere manifestazioni oltre natura; epifanie di presenza che, specialmente negli ultimi due secoli, attirano l’attenzione di numerosi fedeli, curiosi, scettici, studiosi e operatori di comunicazione sociale. Il teologo Giandomenico Mucci con brevi parole distingue e delinea la natura delle visioni e delle apparizioni:
Con il termine «visione» s’intende la percezione soprannaturale di un oggetto, che è naturalmente invisibile per l’uomo, e col termine «apparizione» la manifestazione sensibile di una persona o di un essere la cui presenza, nelle precise circostanze nelle quali si produce, non può essere spiegata secondo il corso ordinario della natura. La visione, dunque, non implica necessariamente l’esperienza reale, ossia la presenza attuale, del suo oggetto. L’apparizione la suppone, sicché appartiene alla sua nozione il fatto che l’oggetto si manifesti ai sensi esterni[2].
Invece Sylvie Barnay ama distinguere filologicamente e fenomenicamente tra visione e apparizione, sostando particolarmente sulla seconda:
Distinte dalle visioni da una terminologia latina o volgare specifica (apparire, apparitio e loro derivati), le apparizioni sono definite come manifestazioni sensibili del mondo divino. Sono caratterizzate dall’intervento di personaggi dell’aldilà (Dio, Cristo, la Vergine Maria, il diavolo, gli angeli, i santi, gli spiriti dei defunti, ecc.) o, più raramente, di elementi celesti (segni luminosi, prodigi cosmici) nella vita quotidiana del visionario. A differenza di chi è favorito da una visione, chi ha un’apparizione conserva la percezione normale dello spazio nel quale si trova, senza provare la sensazione di un mutamento spaziale o di una perdita di coscienza, anche se talvolta può succedere che l’apparizione avvenga durante un sogno o un’estasi. L’assenza di questo tipo di dettagli topografici o descrittivi rende difficile la distinzione tra una visione e un’apparizione[3].
Le apparizioni e le visioni, comunque, fanno parte alle cosiddette «rivelazioni private» che non appartengono all’importante depositum fidei. Karl Rahner († 1984), infatti, nel suo noto volume: Visioni e profezie, chiarisce che cosa sono le rivelazioni private («categoria» teologica di natura generale che comprende anche e non solo le mariofanie)[4] rispetto alla rivelazione divina o pubblica (cf. CCC 51-73), specificandone anche la funzione. Per Rahner, le rivelazioni private (o particolari) non possono essere messe sullo stesso piano della rivelazione fondatrice divina data dal Cristo, riportata nella Scrittura e trasmessa dalla tradizione della chiesa. Esse non sono nemmeno superflue ripetizioni celesti di tale rivelazione pubblica, oppure un aiuto intellettuale per conoscere qualcosa che fondamentalmente potrebbe essere conosciuto anche senza quest’aiuto. Infatti ciò che in una determinata situazione esprime la volontà di Dio, non si lascia deviare dall’aspetto logico dei principi generali del dogma oppure della morale neanche col sostegno delle analisi delle situazioni esistenti[5].
Le rivelazioni private sono nella loro natura un imperativo di condotta, un comando, di come dovrebbe agire la cristianità di fronte a una determinata situazione storica.
Non sono delle nuove enunciazioni che ci vengono offerte dal soprannaturale, ma un nuovo comando[6].
Rahner, inoltre, supera la posizione comune dei teologi scolastici (soprattutto domenicani e gesuiti), poi codificata dal card. Prospero Lambertini, futuro papa Benedetto XIV (1740-1758), nella sua nota: Opus de servorum Dei beatificazione, circa la «fede umana» da prestare alle visioni e alle rivelazioni private, parlando chiaramente di una sorta di «un diritto e un dovere di fede (fides divina)», non solo da parte dei destinatari di tali fenomeni, ma anche da quanti ne vengano a conoscenza[7].
Pur essendo relative in rapporto alla rivelazione divino-biblica, le rivelazioni private vanno lette e interpretate nel contesto non banale della teologia dei carismi, che, come insegna il Vaticano II nella Costituzione dogmatica de Ecclesia, sono doni da «accogliere con gratitudine e consolazione» (Lumen gentium, n. 12). Lo studioso francese François de Muizon, esperto in comunicazione e membro del collegio degli esperti consultati per il riconoscimento canonico delle apparizioni di Notre-Dame du Laus recentemente (2008) approvate dalla Chiesa, così ha descritto nella sua struttura fenomenica e comunicativa l’apparizione:
L’apparizione può essere considerata come un tipo particolare di evento che sorge improvviso, spezza il tempo, penetra e si deposita nell’ambiente o nella coscienza, senza che si possa trovare una causa naturale o psicologica di questo fenomeno. Tuttavia, un evento non è mai relativo, modificabile, fluttuante. Esso si inscrive in una realtà umana, sociale, storica… E questo si può osservare in occasione di un’apparizione. Anche se l’impronta che essa lascia non ha niente di materiale, l’evento segna indelebilmente gli spiriti e le memorie, i paesaggi e le abitudini […]. Un processo specifico di comunicazione si avvia e questo fenomeno è ordinato, organizzato, strutturato in vista di questa logica di comunicazione[8].
Questo vasto, variegato e sorprendente fenomeno non riguarda solo la chiesa cattolica, la teologia, il diritto canonico, la teologia ecumenica, oppure le scienze psicologiche e mediche, ma anche le scienze sociali[9], che talvolta snobbano tale fenomenologia, in quanto, come annota Clodovis Boff nel suo noto volume di Mariologia sociale, gli
scienziati sociali studiano il «paese profondo», ma ancora molto poco la «chiesa profonda», che è proprio quella del cattolicesimo popolare e delle sue apparizioni[10].
L’evento dell’Incarnato-Crocifisso-Morto-Risorto-Asceso (alla destra del Padre)-Donatore dello Spirito vivificante, dal quale promana e ha senso il mistero dell’Immacolata-Morta-Assunta (in cielo in anima e corpo), almeno per noi cattolici romani, sono potenti e concrete risposte, pregne delle parole e delle opere del Dio vivente, al senso e al bisogno di futuro non effimero delle attuali generazioni. Inoltre, secondo il disegno provvidente di Dio per la sua chiesa e a motivo della sua conformazione al Risorto-Asceso, Maria Assunta agisce e opera (adest et agit), è presente e appare nella nostra storia per invitare a perseguire la via dell’evangelium vitae: a inoltrarsi, cioè, nei sentieri dello Spirito, e quindi impegnarsi concretamente in ordine a una città degli uomini più cordiale, giusta, solidale e fraterna, lottando, senza nessuna violenza ma con l’arma della persuasione e della testimonianza, a favore della memoria passionis, che sempre origina dalla parola di Dio e dal mistero di Gesù, per dare al grido degli uomini un ricordo e al tempo un termine[11].
2. Procedura di verifica ecclesiastica
Dinanzi a questi insoliti fenomeni, che declinano l’irruzione del trascendente nel quotidiano della nostra storia, è comunque doveroso porsi delle domande: sono sufficienti le notizie date dai mass-media sulle apparizioni, sui messaggi celesti, sui presunti avvenimenti prodigiosi, sull’accorrere di folle innumerevoli, ecc., per arrivare ad affermare l’autenticità di essi?; È veramente il cielo che si mostra, parla e prega, oppure esistono altre spiegazioni?; Dinanzi a tali asseriti fenomeni come si deve comportare il credente?; Come distinguere la vera apparizione soprannaturale dalle suggestioni, individuali o addirittura collettive, siano esse pure in buona fede, e dalle mistificazioni o dalle sempre possibili allucinazioni?
Sono queste domande legittime e doverose, che nella lunga storia della chiesa impegnano pastori e studiosi. Una cosa è, comunque, certa: negare o asserire aprioristicamente tali fenomeni è assolutamente scorretto e incongruo; i frutti spirituali insieme al discernimento ecclesiale, sono il miglior giudice della loro autenticità. Per quanto riguarda la rodata procedura ecclesiastica, la Congregazione per la dottrina della fede ha redatto, il 25 febbraio 1978, un documento ad interim e sub secreto, da utilizzare dalle competenti autorità ecclesiastiche dal titolo: Normae S. Congregationis pro Doctrina Fidei de modo procedendi in diudicandis praesumptis apparitionibus ac revelationibus[12].
Secondo queste norme nella procedura di verifica si pretende:
– informazione accurata dei fatti tramite l’osservazione e la raccolta di testimonianze degne di fede;
– esame del messaggio sotteso all’evento soprannaturale, che non deve essere in contrasto con la fede cristiana;
– diagnosi medico-psicologica per appurare la salute e la normalità del veggente, anche per scartare possibilità di fenomeni allucinatori;
– grado di istruzione del veggente, la sua conoscenza della dottrina, la sua vita spirituale e sacramentale, il suo grado di comunione ecclesiale;
– frutti spirituali, quali ritorno alla fede dei lontani, moralità ed ecclesialità dell’esistenza, cooperazione all’evangelizzazione del mondo, delle culture e dei costumi;
– eventuali guarigioni miracolose che si ricevono a ragione della asserita rivelazione privata;
– il necessario ponderato giudizio della chiesa.
Rispetto al passato, le commissioni ecclesiastiche sottopongono i veggenti a scrupolosi esami spirituali, cercando di stabilire «la verità» dei fenomeni straordinari. A questo fine essi sono interrogati e descrivono gli eventi miracolosi, poi i membri delle commissioni ascoltano i testimoni e, infine, ricercano le conferme dei fenomeni se l’evento sostenuto resta ancora in un «campo di incertezza» (inascoltato, inafferrabile, ecc.). Nei tempi passati si usava un trattamento benevolo e veniva data più considerazione al sensus fidelium e alla vox populi che alle perizie degli esperti, come invece avviene oggi.
Oggi, il magistero dei pastori davanti a fenomeni di pretese apparizioni soprannaturali opera con una triplice criteriologia con relativo giudizio che riassumiamo:
– il criterio positivo, secondo cui «consta la trascendenza» (constat de supernaturalitate);
– il criterio attendista, secondo cui «non consta la trascendenza» (non constat de supernaturalitate);
– il criterio negativo, secondo cui «consta la non trascendenza» dei fatti asseriti (constat de non supernaturalitate).
Una volta verificate e autenticate dall’autorità ecclesiastica, le apparizioni consentono libertà di adesione, in quanto la fede si presta solo alla rivelazione pubblica di Dio conclusa con la morte dell’ultimo degli apostoli.
Le apparizioni/mariofanie sono un fenomeno talmente complesso e non immediatamente e facilmente definibile, che si richiede un maggiore interesse, dialogo e interazione fra le scienze teologiche (di matrice storica, giuridica, mariologica, protologico-escatologica) e umane, particolarmente la psicologia, la psichiatria, la psicanalisi, la sociologia, l’antropologia religiosa, ecc. In tale ambito il confine tra naturale e soprannaturale, o come si dice oggi «oltre natura», tra intervento oggettivo del Dio trinitario e azione puramente umana, tra carisma e istituzione, non è mai così immediatamente evidente, afferrabile.
Una genuina apparizione/mariofania possiede anche un carattere formativo, cioè una funzione sapientemente didattica, volta a far comprendere alla chiesa di essere chiamata incessantemente da Dio a rendersi sempre la serva umile e docile del regno, la quale, a imitazione della Vergine suo modello e icona, accoglie con gratitudine e custodisce con amore ogni dono che viene da Dio. Nello stesso tempo, la chiesa non deve smettere di chiedere con insistenza, nella preghiera, tutto ciò di cui ha bisogno per essere fedele alla sua vocazione e missione al mondo.
È doverosa questa sottolineatura perché un aspetto rilevante delle apparizioni e delle mariofanie è la preghiera per la sedimentazione ed espansione del regno di Dio e dei suoi valori evangelici che interessano l’integralità della persona umana. Le mariofanie esprimono il desiderio di far vivere in una storia riconciliata e non escludente chi è nel bisogno e viene costantemente emarginato o ignorato. La Vergine Maria, l’orante per eccellenza, chiede di pregare, insegna a pregare e continuamente prega; ma, nello stesso tempo, sprona e obbliga a vivere il Vangelo della carità. Ogni sua apparizione autentica diventa, allora, un invito – inciso nella storia – a prendere rinnovata coscienza della propria dipendenza radicale dal Dio Uno e Trino, a volgere lo sguardo della mente e del cuore a lui, origine, senso e meta di ogni persona ed esistenza umana. La persona e la parola di Maria di Nazaret, allora, sono come una luce che rischiara le tenebre dell’indifferenza religiosa, dell’ateismo e del debolismo cristiano, come una voce che scuote dal torpore e dal silenzio colpevoli nei riguardi di Dio. Esse indicano in modo inequivocabile qual è la via che conduce a Dio: Cristo Gesù, l’unico, perfetto mediatore e salvatore delle genti.
Le apparizioni mariane e non, comunque, costituiscono un argomento sempre attuale e suscitano sempre vivo interesse tra persone di ogni estrazione sociale e cultura; esse, inoltre, sono ancora oggi dono per la fede e sfida per la ragione. A conclusione di questo intervento, ci sembra utile, specie dal punto di vista pastorale, riproporre a tal proposito alcune considerazioni espresse qualche anno addietro da un vescovo noto per la sua saggezza e parresia, mons. Antonio Riboldi, vescovo di Acerra (NA):
Quale valore hanno allora «le apparizioni e le visioni» di cui oggi si parla tanto? Scartiamo decisamente «il pettegolezzo», la «curiosità» del mistero o dell’«oscuro», che sembra affascinare tanta gente, come non bastasse il Vangelo a dirci «il meraviglioso di Dio». Molte volte la «curiosità» sulle «rivelazioni» è curiosità che nulla ha a che vedere con il piano della salvezza, o economia di salvezza di Dio. Fermiamoci alle apparizioni che la chiesa ha confermato con la sua autorità. Tutte le apparizioni, a leggerle bene, con i messaggi che Maria Santissima affida, più che a chi sceglie per «mostrarsi» e «rivelarsi», sono «un oggi» della maternità di Maria che quasi si fa vicina alla chiesa […] per ricordare l’urgenza della rivelazione, o per suscitare speranza. È «un farsi prossimo» e rimanerci».
La ragione ultima delle apparizioni della Madre di Cristo è quella di rassicurare gli uomini e le donne della provvidente prossimità del Dio della rivelazione, che ci ha svelato e raccontato Dio Trinità come Padre della misericordia, Figlio incarnato e redentore, Spirito Santo e santificatore che «si dà da fare» perché ciascuno di noi, singolarmente accolto dall’Amore che non tradisce e non si esaurisce nonostante il peccato e l’infedeltà, sappia essere sempre più e meglio nella chiesa dei discepoli, segno credibile della redditività escatologica dell’evangelium vitae. Le apparizioni appartengono alla categoria delle grazie donate gratuitamente «dal cielo» e talvolta prescindono dallo stato di grazia di chi le riceve. Dio si inserisce nella storia del mondo con il contributo materno di Maria e i suoi positivi effetti sono evidenti: le apparizioni mariane non sono dirette alla gloria di lei, ma sono finalizzate a irrobustire la fede nel Dio di Gesù Cristo, guidano alla conversione e al rafforzamento della vita cristiana-ecclesiale e in questo modo loro proprio influiscono positivamente sulla storia del mondo. Le apparizioni di Maria, non possono non richiamare, per essere genuine e utili, il grande valore, la necessità e la forza della preghiera, di cui lei è, in Cristo e nello Spirito, maestra ed educatrice sempre attuale ed efficace, come insegna insistentemente Benedetto XVI[13]. Per la chiesa, questi segni didattici e profetici della presenza e dell’interesse per noi della Madre di Dio, qualora siano effettivamente veri, sono reale irruzione della tenerezza materna nella nostra travagliata esistenza con lo scopo di aiutarci a rileggere e vivere il Vangelo di Gesù (Paul Claudel).
Il cristiano deve sapere che le apparizioni hanno senso in quanto invitano ad accogliere esistenzialmente la Parola vivente del Padre che è Cristo, affinché sappiamo riconoscere il primato dell’ascolto sulla visione: «Beati piuttosto quelli che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica» (Lc 11,8) e, nel dono dello Spirito, sappiamo speditamente camminare «nella fede e non ancora in visione» (2Cor 5,7) sull’esempio della perfetta discepola del regno di Dio, Maria di Nazaret.
In tale contesto l’universo delle apparizioni mariane si può giustamente considerare una delle possibili manifestazioni dello Spirito del Padre e del Figlio (da non ostacolare), una profezia veniente dall’alto (da non disprezzare). Per cui rimane sempre valida l’ammonizione dell’apostolo Paolo alla chiesa di Tessalonica:
Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie, esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono (1Ts 5,19-20)[14].
Salvatore M. Perrella
preside della Pontificia Facoltà Teologica «Marianum»,
Roma docente di Teologia dogmatica e Mariologia
Articolo tratto dalla Rivista “Credere oggi” 198 6/13
[1] Rimando all’ottima recente introduzione di uno dei massimi esperti di questa tematica R. Laurentin, Introduzione, in R. Laurentin – P. Sbalchiero, Dizionario delle «apparizioni» della Vergine Maria, Edizioni ART, Roma 2010, 19-55 (tr. it. notevolmente migliorata e aggiornata rispetto all’edizione francese del 2007: molte informazioni non sono però del tutto affidabili: un Laurentin giovane non sarebbe incappato in grossolani errori e/o lapsus!).
[2] G. Mucci, Rivelazioni private e apparizioni, LDC – La Civiltà Cattolica, Torino – Roma 2000, 38.
[3] S. Barnay, Apparizioni, in A. Vauchez (Ed.), Dizionario enciclopedico del Medioevo, vol. 1, Città Nuova, Roma 1998, 119.
[4] «Rivelazione privata» è la terminologia adottata tradizionalmente fino ad ora dal magistero della chiesa, cf. in tal senso: Catechismo della Chiesa cattolica, LEV, Città del Vaticano 1997 [CCC], n. 67; Catechismo della Chiesa cattolica. Compendio, LEV – San Paolo, Città del Vaticano – Cinisello B. 2005, n. 10.
[5] Cf. K. Rahner, Visioni e profezie. Mistica ed esperienza della trascendenza, Vita e Pensiero, Milano 19952, 46-48.
[6] Ibid., 50; cf. 33-54 (l’intero assunto).
[7] Cf. J. Stern, L’examen canonique des apparitions mariales selon Benôit XIV, in De cultu mariano saeculis XVII-XVIII, vol. 5, PAMI, Roma 1987, 341-363.
[8] F. de Muizon, Un nouveau regard sur les apparitions, Éd.itions de l’Emmanuel, Paris 2008, 13-14.
[9] Cf. G. Scarvaglieri, Sociologia, in S. De Fiores – V. Ferrari Schiefer – S.M. Perrella (edd.), Mariologia, San Paolo, Cinisello B. 2009,1113-1122.
[10] C.M. Boff, Mariologia sociale. Il significato della Vergine per la società, Queriniana, Brescia 2007, 574.
[11] Cf. J.B. Metz, Memoria passionis. Un ricordo provocatorio nella società pluralista, Queriniana, Brescia 2009, 13-71.
[12] Cf. Congregazione per la dottrina della fede, Norme per il discernimento di presunte apparizioni e rivelazioni, LEV, Città del Vaticano 2012 (è il testo del 25 febbraio 1978 aggiornato con una Prefazione del card. William Levada, del 14 dicembre 2011); un recente studio su queste Norme (alquanto «restrittivo», ma competente e affidabile) è stato pubblicato da mons. Ch.J. Scicluna, Criteri e norme della Congregazione per la dottrina della fede nel discernimento delle apparizioni mariane, in «Marianum» 74(2012) 229-281.
[13] Cf. S.M. Perrella, Maria persona in relazione nel magistero dei vescovi di Roma: da Paolo VI a Benedetto XVI, in «Theotokos» 18(2010) 167-255.
[14] Dal punto di vista della storia delle apparizioni, cf. J. Bouflet – Ph. Boutry, Un segno nel cielo. Le apparizioni della Vergine, Marietti, Genova 1999; G. Hierzenberger – O. Nedomansky, Dizionario cronologico delle apparizioni della Madonna, Piemme, Casale M. 20047;mentre dal punto di vista giuridico, teologico e mariologico, si veda S.M. Perrella, Impronte di Dio nella storia. Apparizioni e mariofanie, EMP, Padova 2011, S.M. Perrella – G.M. Roggio, Apparizioni e mariofanie. Teologia, storia, verifica ecclesiale, San Paolo, Cinisello B. 2012.